Lo psicologo dà consigli?
Lo psicologo dà consigli?
“Lo psicologo dà consigli?” è una domanda che mi capita spesso di sentirmi porre. È una domanda che nasce dall’idea piuttosto comune per cui il lavoro dello psicologo sia quello di ascoltare i problemi delle persone e di dare dei consigli utili che permettano loro di risolverli, se possibile nel modo più rapido possibile.
Lo psicologo dà consigli? Intanto, cos’è un consiglio?
Un consiglio è un “suggerimento che si dà a una persona per risolvere i suoi dubbi o per esortarla a fare o non fare una cosa, generalmente con intento di procurare il suo bene” (vocabolario Treccani).
Lo psicologo dà consigli? Noi come stiamo davanti a un consiglio?
Ricevere consigli è qualcosa che fa già parte della nostra esperienza quotidiana e tante volte ne siamo anche infastiditi. Ma perché? Perchè un consiglio parte dall’esperienza personale di chi lo dà, parte dalle sue premesse, da ciò che per quella persona significa “stare bene”, parte da ciò che per quella persona è più utile. Ciò di cui non tiene conto un consiglio, spesso, è della persona che lo riceve. Spesso quando si dà un consiglio non ci si chiede cosa sia utile per l’altra persona o cosa abbia senso per lei (e magari non per noi). E a volte, ancora prima, non ci si chiede nemmeno se quella persona lo voglia davvero quel consiglio.
Quali alternative ai consigli?
Nella relazione con gli altri a volte è difficile capire come stare di fronte a un dolore, a una sofferenza, a una difficoltà. La carta che sembra più “semplice” da giocare è partire dalla propria esperienza, da quello che secondo noi può far stare bene la persona a cui teniamo, per offrire un consiglio che ci auguriamo funzionerà anche per lei. Ma se quella persona non condividesse la nostra idea di “stare bene”? E se non fosse un consiglio ciò di cui ha bisogno? Se non le fosse utile o non lo volesse, cos’altro potrebbe volere? Di cosa potrebbe avere più bisogno?
Lo psicologo dà consiglio? Forse NO!
Per rispondere a queste domande una cosa utile è provare ad uscire dalla propria prospettiva, per provare a comprendere quella dell’altra persona. Non partire da ciò che noi pensiamo sia successo a quella persona, da ciò che noi pensiamo che quella persona dovrebbe fare per uscire da una determinata situazione sulla base di ciò che funziona per noi, da ciò che noi pensiamo che lei voglia.
Potremmo partire piuttosto da domande che la riguardano. Chi è quella persona? Come vede lei la sua situazione? Perché lei pensa di essere in quella situazione? E cosa per lei potrebbe essere più utile? E cosa possiamo fare noi considerato tutto questo?
Una risposta
Io penso che il senso del lavoro di uno psicologo non sia dare consigli ma favorire nuove domande, perché questo permette di rendere la stanza di terapia uno spazio diverso da tanti altri. Forse è proprio il fare domande che, anche per l’altra persona, può aprire nuove prospettive. Nuove domande generano nuove riflessioni e, potenzialmente, nuove risposte. Una buona domanda può farci chiedere qualcosa che non ci eravamo mai chiesti prima e darci nuovi sguardi su qualcosa che abbiamo sempre guardato, raccontato e vissuto in un solo modo, sempre identico a se stesso.
Diversi epiloghi
Un consiglio chiude, impone, prescrive, appiccica prepotentemente qualcosa sulla persona che lo riceve, senza tenere conto di lei. Una domanda lascia a quella persona la possibilità di guardarsi, di sostare, di riflettere e di scegliere quello che, momento per momento, ha più senso per sé.
“Scienziato non è colui che sa dare le vere risposte, ma colui che sa porre le giuste domande.”
(L. Strauss)
Se anche tu sei in difficoltà e hai il desiderio di rispondere in maniera funzionale alle tue domande, contattaci QUI al 3404190915 oppure al 3497867274 per avere informazioni su come iniziare il tuo percorso di psicoterapia.
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