Autostima e disturbi alimentari: riconoscere il ciclo di insoddisfazione

Autostima e disturbi alimentari: riconoscere il ciclo di insoddisfazione

Pubblicato il: 3 Marzo 2025

Possiamo definire l’autostima come il modo in cui un individuo valuta se stesso e il proprio valore personale. Una buona autostima è associata allo sviluppo di un senso di fiducia nelle proprie capacità e alla valorizzazione della propria identità in termini positivi, senza essere eccessivamente influenzata da fattori esterni come l’approvazione da parte degli altri. Al contrario, una bassa autostima si traduce in una visione alterata del proprio valore personale (normalmente negativa), con una forte tendenza all’autocritica e il bisogno di ricerca di convalida da parte dell’esterno. 

Nel contesto dei disturbi alimentari, la bassa autostima rappresenta uno dei fattori psicologici maggiormente rilevanti, con un ruolo sia nella genesi che nel mantenimento di tali condizioni. Infatti, chi sviluppa disturbi come l’anoressia o la bulimia, tende a sperimentare vissuti di inadeguatezza e un senso di incapacità che vengono compensati attraverso strategie di regolazione che hanno come focus l’aspetto fisico, il corpo e il controllo del peso. In questo senso, si possono innescare comportamenti problematici come restrizioni alimentari eccessive, abbuffate o vomito autoindotto, che hanno il fine di ripristinare un “equilibrio” emotivo da un lato e ottenere validazione esterna dall’altro. 

La percezione del corpo in questo contesto è rilevante in quanto diventa il metro di giudizio della propria validità e peso e forma fisica assumono un’importanza sproporzionata nella definizione dell’identità personale.

Il ruolo della percezione dell’immagine corporea 

La distorsione dell’immagine corporea è un elemento chiave nei disturbi alimentari ed è strettamente connesso ad una bassa autostima. Chi soffre di questi disturbi spesso percepisce dimensioni e forme del proprio corpo in maniera alterata, vedendosi sovrappeso o fuori forma, anche quando il peso è nella norma o sottopeso. Questo fenomeno, conosciuto come “dispercezione corporea”, ha come conseguenza quella di portare la persona a confrontarsi costantemente con standard di bellezza irraggiungibili, alimentando un ciclo di frustrazione e insoddisfazione e rinforzando il circolo vizioso del disturbo alimentare.

Il legame bidirezionale tra autostima e immagine corporea sta nel fatto che molte persone con disturbi alimentari misurano il proprio valore personale principalmente attraverso l’aspetto fisico. In conseguenza di ciò, la mancata corrispondenza con l’immagine di perfezione estetica desiderata viene vissuta con estremo disagio e innesca comportamenti alimentari disfunzionali come forme di compensazione. 

Inoltre, la pressione culturale e mediatica amplifica tale distorsione: social media, influencer e pubblicità promuovono ideali di corpi perfetti, trasmettendo l’idea che solo chi rientra in questi canoni possa essere considerato attraente o valido. Questo condizionamento può influenzare fortemente la percezione di sé e l’autostima, soprattutto nelle persone più vulnerabili, come i giovani, maggiormente esposti all’utilizzo di tali strumenti di comunicazione.

Perché è importante ricostruire l’autostima?

Una buona autostima agisce come fattore protettivo nel prevenire l’insorgenza di disturbi alimentari. Infatti, le persone che hanno una buona immagine di sé avvertono meno il bisogno di conformarsi a standard di bellezza irraggiungibili e perciò tendono a resistere meglio alle pressioni sociali legate al corpo e alla magrezza. Ciò accade perché il loro senso di valore si basa principalmente su fattori intrinseci, come una valutazione sana delle loro capacità e caratteristiche, piuttosto che su fattori esterni come la conformazione sociale. 

Inoltre, buoni livelli di autostima sono associati ad un maggiore grado di accettazione del proprio corpo, dal momento che facilitano la consapevolezza di possedere qualità uniche, degne di rispetto e valore. Questo ha un impatto positivo anche sulla costruzione di abitudini alimentari sane e sul benessere generale, in quanto spinge la persona a prendersi cura di sé in modi che rispettano le proprie esigenze fisiche ed emotive, riducendo così il rischio di sviluppare i comportamenti alimentari dannosi.

Infine, una buona autostima si traduce anche nello sviluppo di strumenti emotivi più solidi ed efficaci per affrontare emozioni difficili, come l’ansia, l’insicurezza o la tristezza, riducendo così la necessità di utilizzare strategie di coping negative come il controllo sul cibo e sul peso corporeo.

Ricostruire l’autostima è una componente centrale della guarigione dai disturbi alimentari. Se riconosci di avere una bassa autostima e ritieni che questa influenzi negativamente il tuo rapporto con il cibo, cercare il supporto professionale può essere il primo passo verso un processo di cambiamento.

 

 

Articolo di
Annamaria Spiotta
Laureata presso l’Università degli Studi La Sapienza di Roma è specializzata in Psicoterapia Cognitivo Neuropsicologica a Padova.
Psicologa e Psicoterapeuta in QuiPsico.

www.annamariaspiotta.it/
www.instagram.com/psicologa_annamaria.spiotta/

 

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